mercoledì 27 gennaio 2021

Recensione “Le assaggiatrici" di Rosella Pastorino

Consigliato a chi vuole leggere una storia inedita ambientata ai tempi del Führer

Regalalo a chi vuole perdere la concezione del tempo e dello spazio immergendosi in una storia insolita 💝

Genere: Romanzo

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Il romanzo di Rosella Pastorino, “Le assaggiatrici”, è così avvincente che mentre lo leggevo sull'autobus ho dimenticato di prenotare la fermata. 

Si tratta di una storia ambientata nel periodo storico della seconda guerra mondiale. Il punto di vista è quello di una giovane berlinese, non nazista, assoldata come assaggiatrice ufficiale delFührer. Il motivo per cui Hitler “arruola” giovani tedesche per assaggiare i suoi pasti è la paura che questi siano avvelenati; siamo vicini alla sua fine. Ogni giorno Rosa Suer si siede alla mensa insieme ad altre nove assaggiatrici, ogni giorno il suo stomaco è solo uno strumento al servizio di Hitler :

«Il mio corpo aveva assorbito il cibo del Führer, il cibo del Führer mi circolava nel sangue. Hitler era salvo. Io avevo di nuovo fame».

Nel libro la metafora del cibo e della bocca è ricorrente, ossessiva; nel descrive il primo bacio con il marito Rosa parla di una bocca che non morde. Nel testo emerge una figura storica sconosciuta, quella dell'assaggiatrice, venuta a galla grazie all'esperienza di Margot Wölkche ispira il romanzo della Pastorino. Non è soltanto il curioso e spaventoso ruolo che Rosa ricopre a incentivare la lettura, ma anche la stessa protagonista e le dinamiche che le ruotano intorno: le relazioni che intesse con le altre assaggiatrici; gli equilibri precari; la paura della morte ad ogni pasto; il desiderio sessuale, di amicizia, amore e maternità che la guerra, nonostante tutto, non arresta. È un libro che parla di sopravvivenza, dove i tedeschi non sono solo in divisa ma anche i civili immischiati in meccanismi feroci e crudeli.

Nonostante la scrittura leggera è un libro difficile da digerire, una realtà in cui non si vive, ma ci si limita a sopravvivere. 



lunedì 25 gennaio 2021

Per non dimenticare, 27 gennaio

 Giornata della memoria

Quante volte ascoltiamo la frase “Io per i miei figli sarei disposto a tutto”, quante volte parliamo, con fin troppa leggerezza, di “spirito di sopravvivenza”? Il libro di Rosella Pastorino “Le assaggiatrici”, di cui parlerò mercoledì in occasione della giornata della memoria, mi ha permesso di riflettere su un tema fondamentale: l'atteggiamento di remissiva indulgenza da parte dei civili tedeschi in relazione ai soprusi commessi dal regime. L'autrice del romanzo, in un'intervista, riprendendo le parole di Primo Levi, dice a riguardo: «“I sommersi e i salvati”, non è possibile prevedere il comportamento di un individuo in una situazione estrema, nemmeno è possibile prevedere il proprio». La paura è il motore che innesca il meccanismo del compromesso, del sopravvivere davanti al buio e all'orrore. Ed è in questo contesto che la civile berlinese Margot Wölk, donna realmente vissuta e che ha ispirato in Rosella Pastorino la figura di Rosa Sauer, viene reclutata dalle SS come assaggiatrice ufficiale di Hitler. Non è una nazista, ma una tedesca priva di ideologie, pagata per assaggiare il potenziale cibo avvelenato del Führer. Ha forse scelta quando il pulmino ogni mattina passa a prenderla? No, ed è perfino una “privilegiata” perché pagata per mangiare, che il cibo sia avvelenato è un'inezia. Qui c'è poco dell'eroismo di Oskar Schindler, qui c'è la cruda realtà dei molti, impauriti, affamati e con poca scelta davanti ad un regime cieco, totalitario e violento. La protagonista nel romanzo si chiede perché non riesce a ribellarsi, perché sopravvive davanti agli orrori del tempo. La risposta per me è la paura: paura di dire la propria, di autodeterminarsi, di morire di fame e per questo rischiare di morire mangiando i cibi potenzialmente avvelenati di Hitler, paura di perdere le persone care per uno spirito di affermazione. In questi meccanismi troviamo l'annullamento della persona, del buon senso che porta al "sarei disposta a tutto pur di difendere me stesso e i miei cari”. 

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lunedì 18 gennaio 2021

Recensione “Il profumo" di Patrick Süskind

Consigliato a chi vuole leggere la storia di un serial killer atipico

Regalo a chi vuole una lettura insolita 💝

Genere: atipico

 

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Questa è la storia di Jean - Baptiste Grenoille, nato nella Parigi del diciottesimo secolo nel luogo più puzzolente di tutto il regno: la piazza dove un tempo sorgeva Il cimitero degli innocenti. Il protagonista del romanzo viene al mondo tra il puzzo dei pesci e dei cadaveri, da una madre che, dopo avergli dato la luce accucciandosi sotto il banco da macello, tenta di ucciderlo con un coltellaccio da pescivendola. Grenoille viene affidato a diverse balie che si rifiutano di allevarlo, spaventate dal fatto che il neonato non emani nessun odore. Jean- Baptiste è bruttino, non particolarmente interessante o intelligente, con un'assoluta mancanza di empatia, ma ha una caratteristica che lo contraddistingue rispetto agli altri: il suo “fiuto” sopraffino, riuscendo non solo a distinguere ad esempio l'odore del legno, ma riuscendo a percepire le diverse specie di legno come quello d'acero, di quercia, vecchio, giovane e così per ogni cosa esistente. Gli altri leggono il mondo attraverso gli occhi, lui attraverso l'olfatto riesce a “vedere” nel buio più pesto e nei meandri più nascosti. Consapevole del suo dono, e con la voglia di sfruttarlo al massimo, inizia il suo viaggio reale e simbolico attraverso se stesso, i suoi sogni e soprattutto i profumi più disparati. 

All'interno del libro emergono due grandi temi: l'identità e l'amore. Il protagonista è ossessionato dagli odori, ma non ha odore, non ha identità. Questa peculiarità spesso lo faciliterà nel raggiungimento dei suoi obbiettivi: chi non ha odore non esiste, è invisibile. Jan - Baptiste vuole creare un profumo che abbia l'essenza di tutte le donne bellissime, un profumo che parli d'amore proprio lui che non riesce a provarne, proprio lui che ha avuto una madre crudele e fredda almeno quanto il figlio che ha generato. Cosa sarà disposto a fare pur di creare un profumo, finalmente il suo, che sappia d'amore e in grado di assoggettare l'intero mondo? Un indizio ci viene dato fin dalle prime righe in cui si legge:

Nel diciottesimo secolo visse in Francia un uomo, tra le figure più geniali e scellerate di quell'epoca, non povera di geniali e scellerate figure”. 

Il libro è scritto in terza persona, con la “telecamera” per lo più puntata sul protagonista, ma anche sui i personaggi che lui incontra e che, guarda caso, finiscono sempre per fare una brutta fine; questa ripetizione da parte dello scrittore, che diventa poi prevedibile, l'ho trovata molto carina. Benché noi siamo sempre vicini al protagonista è come se non riuscissimo a decifrarlo fino in fondo, come se Grenoille mettesse distanza non solo tra lui e il mondo, ma anche tra noi lettori e lui. 

Consigliato? Assolutamente si!


lunedì 11 gennaio 2021

Recensione Novecento di Baricco

Consigliato a: chi vuole ascoltare della buona musica su una nave transatlantica

Regalalo a chi ha poco tempo a disposizione e vuole una lettura breve, ma intensa 💝

Genere: monologo teatrale

 

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È la storia di Danny Boodman T.D. Lemon Novecento, pianista della nave Virginian, abbandonato appena nato sul pianoforte del piroscafo transatlantico. La voce narrante è quella dell'amico trombettista con cui Lemon stringe un'amicizia profonda; la storia si svolge all'interno della nave che per il pianista è sempre identificata come “casa”. I temi presenti sono relativi ai “confini” e le “possibilità", la vita di Novecento si muove per tutta la sua durata su questo doppio binario. La sua esistenza, all'apparenza “confinata” su una nave, attraversa il mondo nei racconti di viaggio e di vita dei passeggeri che Novecento ha la fortuna di incontrare.Il viaggio non è solo nella storia del pianista o sul piroscafo, ma anche nella musica che Novecento suona ed è per questo che il libro più che leggerlo lo si ascolta, “lo si sente”. Baricco fa una magia e diventi passeggero del Virginian anche tu: vuoi scendere in terza classe quando Lemon "suona davvero" e ballare sulla sua musica; vuoi sederti al suo fianco durante la tempesta mentre suona e scivola come sapone insieme al suo pianoforte da un capo della sala all'altro; sei presente durante la sfida del secolo quando, a colpi di note, il pianista sull'oceano duella con l'inventore del Jazz. 

Uno è il quesito che ti tiene incollato al libro: scenderà o non scenderà dalla nave almeno una volta nella vita? Può bastare a un uomo assaporare, odorare, sentire la vita pienamente solo attraverso gli occhi degli altri o alla fine farà il grande passo e scenderà sulla terra vagliando di persona le infinite possibilità che gli si potrebbero porre davanti?

Nato inizialmente come monologo teatrale, “Novecento” diventa un viaggio intriso di aspettative e nostalgie all'interno della psiche umana.

martedì 5 gennaio 2021

Il peso delle parole non dette


Quanto pesano le parole non dette?

le cose taciute e nascoste? Quante volte avrei voluto una lettera come quella che nonna Olga scrive alla nipote in Va' dove ti porta il cuoreper sciogliere alcuni nodi/dubbi/conflitti. La morte non è sempre fisica, anche un amore finito è un lutto tangibile dentro di noi, quante cose rimangono in sospeso? Forse per quello la fine delle storie d'amore che ci turbano di più sono quelle senza spiegazioni, dove bisogna darsi tutte le risposte da soli. È bizzarro constatare come un'assenza di parole, un discorso sospeso, possa pesare come un macigno; quelle frasi mancate le cerchiamo tutta la vita nelle parole dette per sbaglio da altri, in uno sguardo, ma soprattutto nei sogni. È una condizione di irreversibilità che ti fa girare la testa, può cambiare? No. Passano gli anni e magari di giorno non ci pensi più, ma di notte il tuo subconscio lavora per te. Io vivo spesso questa condizione, faccio sogni ricorrenti dove rivedo la casa della mia infanzia: le pareti bianche, i fiori rossi che si intrecciano e sbucano dalle grate del cancello nero in ferro battuto. Salgo le scale e trovo una stanza che mi è stata nascosta per lungo tempo. Un giorno farò ritorno e prenderò tutto quello che è rimasto lì e nella soffitta del mio cuore: i miei quaderni delle elementari, i pupazzi, le foto e le cose cose che costituiscono la mia identità. Non troverò di certo le risposte nei quadernoni a quadretti né nelle zip dei vecchi orsacchiotti dove nascondevo le cose più preziose, ma forse un po' di tranquillità. È questa la chiave a certe domande a cui non avremo risposta: l'accettazione, il solo modo per fare pace con chi è andato via e con noi stessi che rimaniamo qui. 

Riflessioni tratte dalla lettura di Va' dove ti porta il cuore di Susanna Tamaro (ecco il link in cui lo trovarete in sconto in un'edizione speciale dalla copertina rigida 👇)

Torniamo bambini per ri-conoscere i nostri sogni

 Quali sono i nostri sogni? 

Li conosciamo davvero? A me è capitato di lasciare un desiderio a fantasia e recuperarlo molti anni più tardi. Da bambina leggevo e scrivevo poesie poi crescendo, la mancanza di tempo, gli amici, gli stimoli esterni mi hanno distolto da quello che era il mio vero sogno: leggere e diventare una poetessa. Un giorno, nell'associazione di volontariato in cui collaboro, a contatto con i bambini, si è compiuta una piccola magia. Con i ragazzini abbiamo fatto il gioco di mimare la professione che in futuro avremmo voluto ricoprire, ho preso un libro e una penna e ho finto di scrivere. In quel momento ho recuperato il mio sogno perduto: diventare una scrittrice. Non so se in questo 2021 riuscirò a realizzare il mio desiderio, ma cercherò di cibarmi di libri e scrittura il più possibile impegnandomi affinchè si realizzi. 
E voi cosa sognavate da bambini? E cosa sognate per questo 2021?

lunedì 4 gennaio 2021

Il mio augurio per l'anno che che verrà

 Il mio augurio per l'anno che verrà

è quello di convivere e condividere le proprie ferite. Tutti in fondo siamo giocattoli rotti che la vita ha spezzato in più punti, per qualcuno le bambole con cui si è stancato di giocare, ad alcuni di noi manca persino qualche parte. Eppure siamo ancora vivi, camminiamo nonostante i pezzi mancanti... Mi auguro che l'anno che è alle porte ci permetta di aggiungere altri pezzi, colorati, diversi, perché è vero non si può sostituire, ma si può riparare, si può convivere anche con il dolore che ci ha fatto a pezzi. I giapponesi lo chiamano "kintsugi" riparare con l'oro, non chiudiamo il cuore e permettiamo agli altri di accarezzare le nostre ferite preziose che ci rendono quello che siamo.
La cosa bella di questa vita è che nonostante tutto rimaniamo in piedi, nonostante tutto rimaniamo interi.


- Luna Canino Del Prete 
Illustrazione Kintsugi by Akimaro on deviantart

Recensione Va' dove ti porta il cuore

Consigliato: a chi vuole fare una lettura intimista

Regalalo a una persona a cui vuoi bene 💝

Epistolario d'amore

"Va dove ti porta il cuore" non è solo un bestseller degli anni 90, ma anche una sorgente magica in cui chiunque si bagna può attingere qualcosa. È un libro mutevole che cambia come cambiano le stagioni e si susseguono le età. Il mio primo approccio al testo è stato da bambina, forse alle medie, di cui serbo un ricordo molto vago; letto a 31 anni, con un bagaglio diverso alle spalle, è una lettura nuova dai significati inediti. 

Il libro della Tamaro è un epistolario d'amore che una nonna rivolge alla nipote partita per l'America, un testamento che le lascia e che magari un giorno potrà tornarle utile. Raccontando la sua storia, i suoi fallimenti, i suoi amori, i suoi dolori si passa dalla sfera del particolare all'universale perché in fondo ognuno di noi nella propria vita sperimenta situazioni analoghe, amori, speranze, delusioni e sopratutto il non detto... Ed è proprio sui "non detti" che scaturiscono i nodi cruciali e conflittuali che legano le diverse generazioni femminili presenti nel libro. La Tamaro inserisce all'interno del testo delicatissimi riferimenti al Piccolo Principe di Saint-Exupery che ho molto apprezzato: “avevi dieci anni e da poco avevi letto Il piccolo principe. Te lo avevo regalato come premio per la tua promozione [...] una mattina mentre facevamo colazione hai detto «Voglio una rosa». Davanti alla mia obiezione che ne avevamo già tante hai risposto: «Ne voglio una che sia mia soltanto, voglio curarla, farla diventare grande». [... ] Stamattina, quando sono passata accanto alla rosa ha detto: «Prendi della carta e scrivile una lettera».

È una lettura scorrevole, che si legge d'un fiato, breve, ma intensa. Mi sento di consigliarla magari durante un viaggio in treno, vi terrà in compagnia scaldandovi il cuore e arriverete a destinazione con un bagaglio in più che non pesa.

Mi piacerebbe nel prossimo post parlarvi, sulla base del libro letto, dei “non detti” che spesso volte ci attanagliano il cuore senza permetterci di respirare. Vi va?

Un post condiviso da Book influencer 📚 (@dovenonpuoiamarenonsoffermarti)

sabato 2 gennaio 2021

Recensione fiabe e storie di Andersen

Consigliato: a chi vuole scaldarsi durante le fredde giornate di gennaio

Un regalo per i lettori di tutte l'età, da 0 a 100 anni 💝

Fiabe

 

 (In sconto a questo link 👆troverete la versione integrale con tutte le storie e fiabe di Andersen, io ho un'edizione ridotta)

In queste vacanze natalizie mi sono fatta scaldare dalle fiabe di Hans Christian Anderson. L'autore danese riesce a dar vita, attraverso la fantasia, ad oggetti inanimati come: l'ago da rammendo, la pastorella e lo spazzacamino di porcella. Nei suoi racconti non c'è sempre il lieto fine e le qualità delle principesse, che di norma sono belle, buone ed intelligenti, non corrispondono agli ideali che immaginiamo, questo lo si può capire bene leggendo la fiaba “il guardiano dei porci”. Nel racconto“è proprio vero!”, le cui protagoniste sono delle galline, viene sottolineato come sia pericolosa una notizia che vola di becco in becco e di come il pettegolezzo troppo spesso storpi la realtà, un tema tremendamente attuale basta pensare alle fake news.

In modo particolare, tra le storie lette, vi sottolineo Mignolina il tenace soldatino di stagno. Quest'ultima è stata pubblicata nel 1938, il protagonista è un soldatino senza una gamba che si innamora perdutamente di una fanciulla di carta la quale"aveva le braccia alzate perché era una ballerina, e teneva una gamba sollevata in aria, tanto in alto che il soldatino di stagno non riuscendo a vederla, pensò che anche lei avesse una gamba sola, come lui». Qui, come in ogni fiaba di Anderson, più che la bellezza fisica viene sottolineato il valore morale e il coraggio del protagonista. La mancanza di un arto nulla toglie alla fierezza e al coraggio del soldatino, sempre sull'attenti e dal grande cuore nobile; non si fa scalfire dall'antagonista, un piccolo troll nero, né dal grosso topo che nelle fogne lo rincorre chiedendogli il passaporto. L'amore platonico, delicato e incompiuto, che unisce il soldatino e la ballerina ne fa una storia dolce amara, sempre attuale ed eterna. 

Mignolina è una fiaba alla quale sono molto legata per via del cartone animato, prodotto nel 1994 dalla Warner Bros. Per la protagonista avrei auspicato un finale diverso, però voglio sottolinearvi il passaggio che mi è piaciuto di più. Mignolina, durante il suo percorso rocambolesco, incontra un maggiolino che la rapisce trovandola molto graziosa. L'insetto cambierà idea a fronte del giudizio degli altri maggiolini: “sembrava graziosa anche al maggiolino che l'aveva portata con sé sull'albero, ma dato che tutti gli altri dichiaravano che era brutta, alla fine ne fù convinto anche lui, e non volle più saperne...". Credo che questo possa essere un buono spunto per i genitori o gli educatori che vogliono leggere questa fiaba ai propri bambini, sottolineando l'importanza delle proprie idee, anche se controcorrente.